Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

Vangelo del 12 Maggio 2013 (Ascensione di Gesù al cielo)

“Uomini di Galilea,
perché fissate nel cielo lo sguardo?
Come l’avete visto salire al cielo,
così il Signore ritornerà”. Alleluia. (At 1,11)

Salmi 47(46),2-3.6-7.8-9.
Applaudite, popoli tutti,
acclamate Dio con voci di gioia;
perché terribile è il Signore, l'Altissimo,
re grande su tutta la terra.

Ascende Dio tra le acclamazioni,
il Signore al suono di tromba.
Cantate inni a Dio, cantate inni;
cantate inni al nostro re, cantate inni.

Dio è il re di tutta la terra,
cantate inni con arte.
Dio regna sui popoli,
Dio siede sul suo trono santo.

Lettera agli Ebrei 9,24-28.10,19-23.
Cristo non è entrato in un santuario fatto da mani d'uomo, figura di quello vero, ma nel cielo stesso, per comparire ora al cospetto di Dio in nostro favore,
e non per offrire se stesso più volte, come il sommo sacerdote che entra nel santuario ogni anno con sangue altrui.
In questo caso, infatti, avrebbe dovuto soffrire più volte dalla fondazione del mondo. Ora invece una volta sola, alla pienezza dei tempi, è apparso per annullare il peccato mediante il sacrificio di se stesso.
E come è stabilito per gli uomini che muoiano una sola volta, dopo di che viene il giudizio,
così Cristo, dopo essersi offerto una volta per tutte allo scopo di togliere i peccati di molti, apparirà una seconda volta, senza alcuna relazione col peccato, a coloro che l'aspettano per la loro salvezza.
Avendo dunque, fratelli, piena libertà di entrare nel santuario per mezzo del sangue di Gesù,
per questa via nuova e vivente che egli ha inaugurato per noi attraverso il velo, cioè la sua carne;
avendo noi un sacerdote grande sopra la casa di Dio,
accostiamoci con cuore sincero nella pienezza della fede, con i cuori purificati da ogni cattiva coscienza e il corpo lavato con acqua pura.
Manteniamo senza vacillare la professione della nostra speranza, perché è fedele colui che ha promesso.

Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Luca 24,46-53.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno
e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme.
Di questo voi siete testimoni.
E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso; ma voi restate in città, finché non siate rivestiti di potenza dall'alto».
Poi li condusse fuori verso Betània e, alzate le mani, li benedisse.
Mentre li benediceva, si staccò da loro e fu portato verso il cielo.
Ed essi, dopo averlo adorato, tornarono a Gerusalemme con grande gioia;
e stavano sempre nel tempio lodando Dio.

L’ascensione non è una festa di addio ma l’inizio di una “nuova” presenza di Gesù dentro la storia come Risorto e Signore. Questa è una presenza universale, misteriosa e operante. Come aveva promesso, Gesù non si tira fuori dalla storia dell’uomo, ma si rende presente e opera mediante la Comunità dei credenti: il Risorto è il vivente, il Signore, non più presente in modo sensibile, eppure operante nel mondo per mezzo dello Spirito e della Chiesa. La stessa missione dei discepoli diventa azione del Signore risorto.

La gioia dei tuoi apostoli, Gesù, ci risulta piuttosto strana.
Al loro posto noi avremmo tirato fuori i fazzoletti e versato qualche lacrima.
Ma la tua ascensione, Signore, è una festa, non la memoria di una partenza che dovrebbe riempirci ancora il cuore di tristezza. No, non ti hanno perduto quegli apostoli che avevano trascorso tanti dei loro giorni assieme a te. E tu non sei fuggito da questo mondo, non ci hai abbandonato al nostro destino, ma sei più vivo e presente che mai: presente ad ogni uomo e ad ogni donna, presente in ogni tempo e in ogni luogo.
Tu, il Crocifisso Risorto, tu, che sembravi spazzato via per sempre, sei ora il vero Signore della storia. Ecco perché facciamo festa: vediamo, infatti, il compimento della tua missione in mezzo a noi. Hai condiviso tutto della nostra vita: sudore e sangue, fame e sete. Hai preso sulle tue spalle il peso della sofferenza, lo sfregio doloroso del male, la lacerazione del peccato, fino a morire “per amore”.
Ora, però, vivi per sempre e ad ognuno di noi offri un cammino che porta verso la pienezza.


 Preghiamo
 
Gesù, avrei voluto esserci anch'io!
Io che come i tuoi discepoli ho bisogno del tuo Spirito perché m'insegni a capire.
Abbi pazienza Maestro, sono duro di cervice, tardo nell'intendere.
Insegnami, Gesù Maestro, guardando la tua croce, a dirigere il mio sguardo dove tu abiti,
senza perdere di vista il luogo dove io dimoro.
Crea in noi, Signore, il silenzio per ascoltare la tua voce,
penetra nei nostri cuori con la spada della tua Parola, perché alla luce della tua sapienza,
possiamo valutare le cose terrene ed eterne, e diventare liberi e poveri per il tuo regno,
testimoniando al mondo che tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace.


Amen

 Meditazione del giorno


Beato John Henry Newman (1801-1890), sacerdote, fondatore di una comunità religiosa, teologo
PPS, vol.6, n° 10
 
« Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo »
        Il ritorno di Cristo da suo Padre è nello stesso tempo fonte di tristezza, perché implica la sua assenza, e fonte di gioia, perché implica la sua presenza. Dalla dottrina della sua Risurrezione e della sua Ascensione, sgorgano questi paradossi cristiani sovente accennati nella Scrittura, che cioè ci affliggiamo senza pure cessare di rallegrarci : « gente che non ha nulla e invece possediamo tutto ! » (2 Cor 6,10).

        Questa è, in verità, la nostra condizione presente : abbiamo perso Cristo e l'abbiamo trovato ; non lo vediamo eppure lo discerniamo. Abbracciamo (baciamo ?) i suoi piedi (Mt 28,9), eppure ci dice : « Non mi trattenere » (Gv 20,17). Come ? È perché abbiamo perso la percezione sensibile e cosciente della sua persona ; non possiamo guardarlo, sentirlo, conversare con lui, seguirlo di luogo in luogo ; eppure godiamo spiritualmente, immaterialmente, interiormente, mentalmente e realmente della sua vista e del suo possesso ; un possesso più reale e più presente di quello di cui godevano gli apostoli nei giorni della sua carne, proprio perché essa è spirituale, proprio perché essa è invisibile.

        Sappiamo che in questo mondo, quanto più vicina è una cosa, tanto meno la possiamo percepire e comprendere. Cristo è venuto così vicino a noi nella Chiesa cristiana, se posso dire così, che non possiamo fissare lo sguardo su di lui o distinguerlo. Egli entra dentro di noi, e prende possesso dell'eredità che si è acquistata. Non si presenta a noi ; ci prende con lui. Fa di noi le sue membra... Non lo vediamo ; conosciamo la sua presenza soltanto mediante la fede, perché egli è al di sopra di noi e in noi. Per cui siamo nella tristezza perché non siamo coscienti della sua presenza..., e ci rallegriamo perché sappiamo che lo possediamo : « Voi lo amate, pur senza averlo visto ; e ora senza vederlo credete in lui. Perciò esultate di gioia indicibile e gloriosa, mentre conseguite la meta della vostra fede, cioè la salvezza delle anime » (1 Pt 1,8-9).


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