Se dovrai attraversare il deserto, non temere, Io sarò con te.
Se dovrai camminare nel fuoco, la sua fiamma non ti brucerà.
Seguirai la mia luce nella notte, sentirai la mia forza nel cammino,

io sono il tuo Dio, Signore.
Sono io che ti ho fatto e plasmato, ti ho chiamato per nome.
Io da sempre ti ho conosciuto e ti ho dato il mio amore.
Perché tu sei prezioso ai miei occhi, vali più del più grande dei tesori,

Io sarò con te dovunque andrai.

La parabola del figliuol prodigo

La parabola del figliol prodigo o del figlio perduto e ritrovato, è la parabola che, pur non usando la parola “misericordia”, ne esprime il contenuto in modo particolarmente limpido. La si può dividere in tre parti:
- il dramma del figlio che abbandona il padre (cf. Le 15, 12-19);
- la festa e il perdono accordato dal padre al suo ritorno (cf. Le 15, 25-31);
- il rifiuto del fratello di perdonare e accogliere il fratel­lo (cf. ibid.).

1. Voglio andarmene di casa!
È il dramma di un figlio che ha la fortuna di avere una casa e un padre, e quindi ciò che di meglio si possa desiderare, ma che se ne vuole andare, forse suggestionato e traviato dagli amici. Vuole lasciare la sua casa, perché? Perché vuole essere pienamente libero, senza controllo alcuno; perché vuole divertirsi senza alcun freno; perché vuole disporre dei beni “che gli spettano” senza dover rendere conto a nessuno; perché non può più sopportare l’ambiente di casa!

2. Il padre lo guarda angosciato, ma non lo maledice, non lo maltratta, e neppure gli impedisce con la forza di realizzare il suo folle disegno. Soffre in silenzio e piange lacrime amare! L’amore è tolleranza, resistenza, pazienza infinita. Dio è tutto questo… e non per un solo figlio insensato, ma per ogni uomo che decide di voltargli le spalle.

3. Il figlio non si lascia commuovere e mette in atto la sua deci­sione; “parte per un paese lontano e là sperpera, le sue ricchezze, vivendo da dissoluto”. È inizialmente “felice”, perché ha raggiunto il suo scopo.
Poveretto! Non sa che sta distruggendo la sua fortuna, e, soprat­tutto, la propria persona!

4. Scoppia il dramma.
Il denaro finisce, gli amici si dileguano, e si profila la dispera­zione. E avviene l’inevitabile: la fame, la solitudine, il tradi­mento dei compagni di baldoria, il disastro!

- Lui, l’indipendente che rifiutava il padre, è obbligato a guada­gnarsi il pane;

- Lui, non abituato a “contare i soldi”, deve umiliarsi a fare il garzone;
- Lui, il sensuale, il gaudente, lo sprecone, vorrebbe saziarsi con il cibo per i porci, ma non gli è concesso.

Dio conduce dolcemente l’errante a “toccare con mano” la sua povertà e lo fa con infinita pazienza, rispettando i tempi e la libertà di ciascuno.

5. Incominciano i ripensamenti e i pentimenti.
“Ma come posso continuare a vivere così? Non ho più mezzi per tirare avanti e non ho più alcuna dignità per presentarmi a nessuno!… Com’era bella la mia casa! Come mi sentivo amato, rispettato, servito!… Quanta nostalgia, quanto rimpianto!”. E affiora un pensiero di speranza, anzi una certezza: “tutti mi hanno abbandonato, tutti mi possono abbandonare… ma mio padre no! Non è possibile che lui mi abbia dimenticato! Non è possibile che lui non mi aspetti ancora!… Io l’ho tradito e abbandonato, ma lui non può tradirmi e abbandonarmi! Non è possibile… perché lui è mio padre!” L’amore di Dio, creativo e inesauribile, aiuta a riflettere e a prendere decisioni fino ad allora impensabili!

6. Decide di tornare a casa!
La decisione avviene dopo molti ripensamenti ed è determinata dalla nostalgia di casa e dalla certezza di ritrovarvi un padre buono, accondiscendente, comprensivo oltre ogni limite. È umiliante ripercorrere quella strada che ha conosciuto la sua fuga! Mille timori lo assalgono: mio padre riconoscerà in questa larva di uomo suo figlio? Mi accoglierà, mi aprirà la porta (almeno quella di servizio!)? Mi perdonerà? Eccolo: è già sulla porta! Lo attende l’esperienza di un perdono che non avrebbe mai potuto immaginare! Il perdono, nel cuore del Padre celeste, è presente fin dall’ini­zio di ogni traviamento, ma non può raggiungere il figlio se questi non decide, in piena libertà, di ritornare a casa!

7. Il padre lo attende con impazienza.
Il padre non ha mai perduto la speranza! Era sicuro che le tristi esperienze della lontananza lo avrebbero maturato! E “commos­so gli corre incontro e lo bacia”. Nulla si frappone a questo abbraccio tanto atteso! Nulla di più bello di questo bacio tanto amorevole! Dio è sempre in attesa del peccatore. Conta i passi del suo ritorno. E quando arriva, non si comporta come un papà offeso e ferito, desideroso di rivalsa, e non è vendicativo, perché ama soltanto. Il peccato ha già in sé la sua punizione; perché infierire ancora? Il padre bacia il figlio: il bacio è il segno del perdono pieno, soprattutto se scambiato in silenzio, senza disturbare l’intima e traboccante effusione del cuore!

8. Il figlio si confessa: “Padre, ho peccato contro il Cielo e contro dite…”. Mette Dio prima del Padre! Ha già capito che il tradi­mento nei confronti del padre è una cosa orribile davanti a Dio! Non si sente degno davanti al Padre celeste e a quello terreno.

9. Il padre lo perdona senza esitazione e senza attese.
Non vuol perdere tempo! Vuole fare festa! Vuole rivestire il figlio degli abiti belli, degli abiti festivi. Vuole gli abiti della Pasqua, quello delle nozze. Vuole una festa bella, ricca, con la pre­senza di tutti i componenti della famiglia. Occorre che tutto sia come prima, figlio come prima, erede come prima, responsabile come prima.
È un padre impazzito per la felicità, come il protagonista della Parabola parallela del pastore che ha ritrovato la pecora smarrita. È pazzo di gioia perché “ci sarà più festa in cielo per un pecca­tore pentito che per novantanove giusti”.

10. Incominciano a far festa.
È una festa grande, anche se rattristata dal rifiuto del fratello maggiore. La festa è tanto più sentita quanto meno immaginata prima: chi poteva pensarla? È la festa della vita: il figlio era morto ed è tornato in vita. È la festa del grande ritorno: era perduto ed è stato ritrovato. Era morto, dato per morto da tutti. Ma non per il cuore del Padre, che non si dava pace per lui e lo inseguiva ostinatamente, con coraggio e con fiducia. Dio, nonostante tutto, è il Padre insostituibile e l’amico fedele. Nella parabola del Padre è celebrata la vittoria dell’amore misericordioso. La vittoria di un Padre che è anche Madre, perché, ovviamente, quella figura è onnicomprensiva di un infi­nito amore paterno e materno insieme.

Scrive il Card. Biffi: «il Padre è l’unico che resta alla fine. Pri­ma vogliamo provare tutto, ci rivolgiamo a tutti, tentando di sfuggirgli in qualche modo; poi cadiamo fra le sue braccia… Lo lasciamo per ultimo, perché possediamo la certezza di ritrovar­lo, quando ogni altra speranza sarà andata in fumo».

(riflessione di don Novello Pederzini)

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